Il Biologico a Montauto

A Tenuta Montauto siamo decisamente fortunati.

Intorno a noi non c’è nulla: solo il silenzio a perdita d’occhio dei fitti boschi della Maremma, il vento, le lepri e i falchi. Nessuna fabbrica, nessun centro abitato, nessun vicino di casa, nessuna strada se non quella provinciale, e molto poco battuta, della Campigliola.

Posto infatti che, in natura, nulla si crei e nulla si distrugga, i limiti del biologico ci colpiscono in tutta la loro più brutale evidenza allorché vediamo aziende certificate bio le quali sono costrette a convivere – spesso anche in situazioni di manifesta prossimità – con altre che, invece, non hanno sposato la medesima etica. Altre ancora, risiedono loro malgrado vicino a città altamente industrializzate o a strade a così alto scorrimento da suscitare dubbi sulla legittimità del termine stesso che finisce, in questo modo, per essere inevitabilmente screditato.

Ebbene, al km 10 della Campigliola, in questa sconfinata distesa di boschi che si susseguono fino al mare, godiamo di un isolamento che non esitiamo a definire, in una parola, privilegiato.

Un isolamento che ci consente di operare le nostre scelte senza compromessi, in totale libertà e un’assolutezza che ci proviene dal fatto di essere scissi, sciolti, svincolati dal mondo e chi c’è stato, qui, potrà di certo confermarlo.

Niente vincoli, insomma, se non quelli, squisitamente morali, che abbiamo in primo luogo nei confronti di noi stessi.

In questo senso, il nostro decalogo comportamentale prende le mosse da una prima, imprescindibile regola: a Tenuta Montauto noi beviamo il vino che produciamo. È per questo che la prima forma di rispetto che contempliamo è quella verso di noi che siamo non solo i produttori, ma anche i primi consumatori dei nostri prodotti.

Oltre all’isolamento, siamo fortunati anche per la provvidenziale aria di mare che sempre soffia da ovest. È un mare che non si vede, il nostro, ma che si intuisce nel vento che soffia da Capalbio che, da qui, dista appena 10 km in linea d’aria. Un vento provvidenziale, si diceva, poiché asciuga le nostre vigne, le sanifica dall’umidità scongiurando il rischio di malattie come l’oidio o la peronospora, verso le quali ci proteggiamo con trattamenti mirati, solo se necessario, e sempre in linea con quella che è la tradizione fitofarmacologica della viticoltura italiana presente e passata: lo zolfo e, più sporadicamente, il rame.

Ovviamente, cerchiamo sempre di limitare l’utilizzo del rame che, invece, essendo un metallo pesante può inficiare la salubrità del prodotto finale. È per questo motivo che, a Tenuta Montauto, laviamo le nostre uve prima della vinificazione e filtriamo il vino al fine di portare in bottiglia un prodotto sano e salubre, di cui la bontà altro non è che un’inevitabile conseguenza.

Anche nei confronti della solforosa siamo estremamente rigorosi: l’imperativo della pulizia delle uve ci permette, in questo senso, di utilizzarla nei limiti imposti proprio dalla certificazione del biologico e, comunque, là dove possibile, appunto, ancora meno.

I nostri vini sono, in questo senso, vini puliti perché frutto di una prassi vitivinicola figlia di un’”ecologia del pensiero”, ovvero un’etica che abbraccia tutta la filiera, dalla terra al prodotto imbottigliato e che, anche in termini di distribuzione, ha una sua precisa deontologia. Abbiamo difatti scelto di utilizzare in tutto il processo produttivo solamente energia proveniente da fonti rinnovabili.

A Tenuta Montauto siamo sempre stati così, e sempre faremo così perché per noi “biologico” non è un marchio, né una moda, ma uno stile di vita, un’etica che coincide con la certezza di agire in modo completamente coerente in primo luogo con noi stessi: il nostro vino, difatti, è ecologico non solo da un punto di vista ambientale, ma anche gestionale allorché abbiamo sposato una politica dei piccoli passi in grado di dare vita a un’azienda sana, matrice di vini che, come lei, sono appunto altrettanto concreti, sani e salubri.

Questo ovviamente comporta delle scelte che potrebbero sembrare contro-produttive, come quella di non distribuire alla grande distribuzione (GDO), le cui motivazioni approfondiremo più avanti.

Tutto questo, per noi, è racchiuso nel termine biologico, che decliniamo ancor più profondamente, perché eticamente, e lo applichiamo a tutti gli ingranaggi di questa storia, di questo mondo lontano dal mondo che è appunto il micro-universo di Tenuta Montauto.

A proposito di Bio: una premessa necessaria

Bio , oggi, è un concetto assai abusato.

Bio, biologico od organic sono termini completamente sinonimi e indicano nient’altro che “il riferimento alla biologia o agli esseri viventi”, così come ricorda Treccani nonché la maggior parte dei dizionari di italiano contemporaneo.

Il termine, tuttavia, ha subito un vero e proprio processo di politicizzazione che l’ha portato ad ampliare le sue connotazioni le quali, nel tempo, han finito per orientarsi verso l’asse etico del “bene” opponendosi a tutto quanto fosse “non biologico” che, per estensione, ha finito per designare qualcosa di “non naturale”, di “non benefico”.

Questo tipo di opposizioni, tuttavia, sono relative a un mondo eminentemente semantico e piuttosto raramente, a onor del vero, rispecchiano la realtà qualitativa dei fatti.

In agricoltura, per esempio, benché il termine “bio” si sia splendidamente acclimatato da un punto di vista commerciale e sia diventato, a tutti gli effetti, un marchio associato a un suo disciplinare di produzione, è il concetto di qualità ad essere stato fortemente messo in discussione da questa contemporaneità, al punto da non trovare più, nel marchio “bio”, reale corrispondenza.

Come si diceva, “bio” è diventato, nel tempo, un marchio e, come tale, risente delle logiche connesse al suo mercato. Benché difatti la maggior parte dei consumatori, italiani ed esteri, non disdegni di spendere anche qualche euro in più a fronte del marchio “bio”, sono sempre più i consumatori delusi da questa politica.

Del resto, siamo proprio così sicuri che, oggi, questo marchio rappresenti ancora una garanzia?

Oltre che riferito al “bio”, infatti, il discrimine qualitativo dovrebbe esser legato all’etica personale del produttore il quale è l’unico garante, responsabile e depositario del prodotto finito.

Ma non solo, perché in aggiunta a questi elementi c’è poi anche il fattore ambientale ovvero, l’elemento non arbitrario, spesso casuale, che decide indirettamente della nostra etica.

Si tratta del luogo dove si nasce e dove si cresce.
Ecco, Tenuta Montauto è, in questo senso, un luogo che è più che “bio”: è Natura, semplice e potentissima: venite a vederlo coi vostri occhi.